Buongiorno, notte

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“Hai diciotto anni e non ricordi
le strade nel ’76,
il caso Moro e l’eroina
all’università, tua madre era bellissima.”

Buongiorno, notte
(di Marco Bellocchio, Ita 2003)
**

 

Q 

ueste parole sembrano uscite da un archivio polveroso. Invece stanno dentro a una canzone dei Baustelle di pochi anni fa.

Ogni 9 maggio in Italia, forse, c’è la spiegazione del perché siamo diventati un Paese senza nerbo. Molle, insulso. Incline alla lagna. Che ha nostalgia di qualcosa che non ha mai vissuto.

“Buongiorno, notte” di Marco Bellocchio racconta quel momento. Oggi i ragazzi lo definirebbero uno “switch”: il rapimento del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. A Roma, la Capitale. Nel quartiere Trionfale, a via Mario Fani.

Era il 1978. Prima c’era stato il “settantasette”. Dodici mesi assai duri. Incidenti, contestazioni, disordini, movimenti.

C’erano persino gli “Indiani Metropolitani”. Come riportava  il Corriere della Sera a firma di Alberto Ronchey, si appellavano così: “Non è il ’68, è il ’77, non abbiamo passato né futuro, la storia ci uccide”.

Nel mentre che il giovane segretario della FGCI, un certo Massimo D’Alema, spiegava a La Repubblica l’incolpevolezza dei ragazzi “all’interno di un’ottica piccolo-borghese, istillata da trent’anni di governo democristiano”. (1)

Cose dimenticate per un attimo, sul divano davanti al piccolo schermo. Montesano sta aprendo il nuovo anno con lo spumante in mano e il conto alla rovescia.

Poi comincia una vicenda. Un sequestro annunciato alle dieci del mattino dal Tg2 a colori. In una casa che hai fittato per cinquanta milioni di lire a via Camillo Montalcini. (2)

Ti chiami Chiara nel racconto, ma potresti essere Camilla. O ancor più semplicemente Anna Laura. Così come Primo, Mariano, e Ernesto, gli altri “carcerieri”, potrebbero essere (e sono) Prospero il tuo uomo, Mario il capo, e Germano detto “Gulliver”. Il famigerato ingegner Altobelli, che oltre a fingere di essere tuo marito per la dolorosa farsa, sarà l’unico a scomparire davvero.

Le Brigate Rosse, dunque. “Presidente, ha capito chi siamo?.

Marco Bellocchio è un autore coraggioso. Non c’è bisogno di scomodare il lontano esordio, entrato subito nel mito. Parla la carriera. Questo film è visionario, onesto, minuzioso, sincero. Disincantato e fiducioso assieme.

Luigi Lo Cascio, Giovanni Calcagno e il figlio del regista Pier Giorgio, sono puntuali nell’interpretare MorettiGallinari e Maccari.

Maya Sansa è intensa. Negli occhi profondi scorre l’inquietudine della Braghetti. Recita con un filo di voce. Sembra Laura Morante in “Bianca”.

Roberto Herlitzka non sfigura davanti a Volontè, il mostro sacro che l’ha preceduto. Anzi. Rende una grazia e una fragilità che lo statista, in effetti possedeva appieno.

Fa impressione ascoltare “diventerò un martire, l’idiota di cui si serviranno per annientarvi”. La metafora dell’uccellino in gabbia ha tanta ragione d’essere.

Efficace anche Paolo Briguglia, attraverso il quale lo spettatore si immedesima senza sforzo alcuno. Enzo ha la spudoratezza delicata di quegli anni.

E’ bello sentirlo sostenere “che c’è un’energia vitale sprecata talmente grande che se gli uomini si impiegassero al massimo delle loro possibilità, il mondo sarebbe completamente diverso”.

E’ spassoso pure ascoltare: “Pensa se gente che scrive così ci dovesse governare”.

Con le dovute proporzioni, evoca Sciascia e “il linguaggio dei terroristi poveramente pietrificato, fatto di slogan, idées reçues dalla palingenetica rivoluzionaria, di detriti di manuali sociologici e guerriglieri”. (3)

Lui ha l’immaginazione dalla sua. Ha capito molto. Pure di te, entrata nella lotta armata, senza per forza aver letto “Il Capitale”. Che ci arriverai tardi a realizzare da buona romana, “che qui non si possono fare le rivoluzioni, nessuno le ha mai fatte”. (4)

In fondo “la storia siamo noi”, sussurra la poesia di De Gregori. Dove attingi ai nostri ricordi, non necessariamente vissuti. Ma tramandati, certamente.

C’entra tutto e niente.

La sacra famiglia di Marx, gli appartamenti borghesi, le cinque vittime della scorta con le mitragliette nel bagagliaio, i maglioni di lana brutti, le benedizioni della casa, i 55 giorni e le Renault 4 rosse.

Preti, agenti immobiliari e sposi capelloni. Le Fiat 128 e le Alfette della Alfa Romeo. Il segno della croce prima di mangiare.

La televisione con gli  appelli compassati di AndreottiRaffaella Carrà che canta “Tango”, e lo sceneggiato di “Madame Bovary” con la Gravina e Bonacelli.

Le librerie montate sulle note dell’Armata Rossa, la legge Basaglia sui manicomi, le lampade abbronzanti ante litteram. La stella a cinque punte dei Tupamaros negli ascensori.

L’Eur, i baffi, i cravattoni, la giustizia proletaria e quella borghese. Le Polaroid, le sedute spiritiche, i piselli sbucciati in cucina. Il telefono grigio a disco della SIP.

Il giorno in cui di colpo “Aldo Moro passò da Solito Stronzo a Grande Stratega e le BR da Grandi Strateghi a Soliti Stronzi”. (5)

I terroristi come i fascisti durante la Resistenza, i comunisti come i martiri cristiani disposti a morire per le proprie idee. Due lingue diverse, probabilmente entrambe sbagliate. “Tu parli di gente e noi invece parliamo di classi”.

“Amore mio, domattina all’alba, un plotone d’esecuzione della guardia repubblicana fascista, metterà fine ai miei giorni”.  – “Mia dolcissima Loretta, siamo ormai, credo, al momento conclusivo”. (6) (7)

“Se fossi vissuto ti avrei chiesto in sposa e ti avrei fatto felice”. – “Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi”. (6) (7)

Storditi dalla passione, ci restano le emozioni.

“Shine on you crazy diamond” dei Pink Floyd e Schubert chiudono un brutto sogno, diventato commiato.

Emily Dickinson lascia per il tempo che verrà, un titolo ammantato di speranza. Fatto di due parole e una virgola.

“Buongiorno, notte.

Torno a casa.

Il giorno si è stancato di me:

come potevo io – di lui?”

 

 

(1) “Il Settantasette” di Marco Grispigni  | 1997 – Il Saggiatore

(2) Lavori nell’ex prigione di Moro Sparisce anche l’ultima traccia di Giovanni Bianconi | 5 Maggio 2008 – Il Corriere della Sera

(3) L’affaire Moro di Leonardo Sciascia | 24 Agosto 1978 – Relazione di Minoranza alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, la strategia e gli obiettivi perseguiti dai terroristi

(4) “Il Prigioniero” di Anna Laura Braghetti, Paola Tavella | 2003 – Feltrinelli

(5) Grandi strateghi e soliti stronzi di Roberto Alajmo

(6) Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana

(7) Le lettere dal “carcere del popolo” di Aldo Moro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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