Cordapazza – La Mostra

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«Un posto ci sarà per essere felici, cantare a squarciagola e dici tutto chello ca vvuo’ tu»

E

siste un Sud del Mondo. Gli Artisti riescono a vederlo assai prima. Sta lì. Davanti ai loro occhi. Per questo lo mostrano, poi, agli altri. Che stanno persi tra i pensieri. Dentro agli schermi annoiati dei telefonini con le pellicole scheggiate. Pino Daniele l’ha cantato in tempi mai sospetti. Napoli o la Sicilia vale uguale. È proprio un sentimento. (1)

“Cordapazza”, la Mostra a cura di Nicole Maglio al Palazzo Marchesale di Pisciotta è uno di quegli incontri che non bisogna perdere. È partita il 28 Luglio col viatico del “Binirica! – Short Film Festival”. La benedizione “esclamativa” non ha niente di casuale. Anzi. Allude al “favorite!” che in Campania, una volta, si usava a tavola quale segno d’accoglienza.

Infatti siamo nel Cilento. Terra meravigliosa. Mare e montagna nello stesso sguardo. Dalle finestre dell’edificio settecentesco si vede tutto l’azzurro possibile delle onde, unito al verde degli ulivi secolari. C’è persino la Biblioteca del Comune. Puoi leggere Buzzati mentre nel silenzio ascolti lo scroscio dell’acqua sotto al sole. L’ha eretto la famiglia Pappacoda. Chi mastica Storia rammenterà di Vescovi e Barocco leccese. Il Sud ritorna ancora, dunque.

Del resto la “corda pazza” l’ha inventata Pirandello. E fu messa in scena anche da Eduardo De Filippo«Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d’orologio in testa. La seria, la civile, la pazza…». (2) E in questo reportage opera della Curatrice, di cui sopra, coadiuvata dalle colleghe Paola Porciello e Anita Bruno, la “staffetta” con Letizia Battaglia è evidente. Quasi inevitabile. La Maglio, ad esempio, pare una sua allieva diretta.

 Le bambine delle immagini in bianco e nero rendono un déjà vu che potrebbe quasi scomodare sindromi da Stendhal estive.

La Collettiva fotografica si intitola, necessariamente, “Sulle tracce di Letiza Battaglia”«Reportage può significare tante cose, per ognuno cose diverse. Per me significa andare al cuore delle cose, di un luogo, di una città, di un gruppo di persone, cioè scavare con l’immagine. Io lego molto la fotografia al cinema: è come una creazione». (3)

Perchè l’Arte diventa retaggio in talune occasioni. Gli scatti delle Fotografe si (con)fondono in un corpo unico. Appesi ai fili. Bucato di un’immaginazione persa nella memoria. Bambini e vecchi. Spiagge e piazze. Aria di Paese. Occhi pr0fondi e lontani. Ricordi che hai visto nelle case di qualcuno.

La canzone, citata in esergo, del più grande Cantautore partenopeo moderno è tratta da un LP dei primi anni ’90, “Che Dio ti benedica”. “Binirìca”, allora, diviene un mantra inconsapevole. Dei Sud dimenticati, ma affatto scordati. Che ai Rino Gaetano, “ad esempio”, piacevano di più. Cercatela quest’avventura incastonata in un Borgo Medievale. Certe sensazioni non hanno prezzo. Io ve l’ho detto.

E tengo la coscienza a posto, adesso. Mentre salgo in macchina, sedendomi al volante, torno a casa con Michela, Alfonso e Gabriele. Stanchi e contenti. Allontanandomi dalle cicale che friniscono. Enzo Carella dallo stereo le sostituisce a mezz’asta sonnacchiosa.

«Di che mi amerai, di colpo o corruzione? Soffiando il cuore infiammandomi il polmone, un segno sulla coscia, la tua bocca migliore. E il cuore che divori come un pugno di more». (4)

 

 

(1) “Sicily” (“Che Dio ti benedica”, CGD 1993) – Pino Daniele

(2) “Il berretto a sonagli” (1916) – Luigi Pirandello

(3) “Andare al cuore delle cose” – Letizia Battaglia (Intervista di Antonio Politano, Nikon School)

(4) “Malamore” (“Vocazione”, It 1977) – Enzo Carella

 

📸  Gabriele Pepe

 

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