È stata la mano di Dio

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“D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.”

È stata la mano di Dio
(di Paolo Sorrentino, Ita 2020)
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C

alvino l’ha suggerito. “C’è un inferno che formiamo stando insieme”.

Se non vogliamo soffrirne abbiamo due possibilità: “diventarne parte fino al punto di non vederlo più o riconoscere chi e cosa non è inferno”. (1)

È il “futuro invisibile” di una città visibile, eccessiva, ma impermeabile. I tuffi a mare non bastano. E se non tieni un pò di “capa fresca” diventa complicato essere napoletano.

Dalle parti del Vesuvio “non sono tutti simpatici”Anzi, tengono pure una certa “cazzimma”.

L’aveva raccontato già Massimo Troisi. L’ispiratore dichiarato di questa storia. (2) Le sorelle chiuse nel bagno mica sono una fantasia? Semmai un omaggio.

Poi, crescere nel post-terremoto, al piano della Scala C di via San Domenico in un parco del Vomero, non aiuta a socializzare. Le belle ragazze non ti filano e un amico per festeggiare il compleanno manco a pagarlo.

Il Leone d’argento all’ultimo Festival di Venezia è anche il lungometraggio di Paolo Sorrentino. Probabilmente concorrerà agli Academy Award, è nella short list dei 15 migliori film internazionali in corsa per gli Oscar 2022(3)

Chissà, però, se importi davvero.

Quando tua zia Patrizia aspetta con la sottana de “L’amore molesto” il 412, alla fermata di Palazzo Reale, certamente nulla.

Solo San Gennaro (con tanto di codino) può permettersi di caricarla fino alla Villa del Cardinale, a Torre del Greco. E di appoggiarle pure una mano sul culo. Come succedeva a Lina Sastri nei pullman. Per l’appunto. (4)

Si (ri)comincia dal Lungomare Caracciolo. Quello che chiude “L’uomo in più”. Dove inizia e finisce tutto. Da li puoi salire a tre sulla Vespa da Via Petrarca.

E fare un’affacciata negli anni dai quali “non si esce vivi”.  (5) Con le mattonelle colorate in cucina, la carta da parati in salotto, i telefoni della Sip nei corridoi, le Mivar al balcone, i telecomandi del Brionvega sul comodino, le musicassette e le lattine vuote nella camerette.

“L’umanità è orrenda”, “la realtà scadente”, gli altri “deludenti”. Del resto se la tua prima volta capita con “Wojtyła” vestito da donna la vuoi mettere a nome diversamente?

I chinotti non sono sempre bibite, la pornografia a buon mercato di Marittiello è necessaria: mamma porta le corna con onore perché “l’uomo è cacciatore”. (6)

E lo zio s’ammazza se Maradona non sbarca col BMW a via Scipione Capece.

Il walkman della Sony attaccato alla fibbia, dunque, è proprio una risorsa. Però lo sai solo tu. A noi spettatori ce lo fai scoprire giusto alla fine. A Formia. Dove Pino Daniele (di quella canzone là) ci è andato a vivere. Altro che il Monacello.

Napoli, in realtà, parte da Bagnoli, Posillipo e finisce a Massa Lubrense, attraverso Vico Equense spacciata per Agerola. Ma se t’allarghi arrivi fino a Cetara.

I cocomeri di Cava de’ Tirreni e le “Zizzone” di Battipaglia, infatti, stanno di passaggio.

La Campania è uno stato della mente. Sul serio. L’estrazione conta relativamente. Per questo i vicini del Trentino sembrano “battilocchi”, i carabinieri veneti in pensione “babbasoni”, e i figli delle dottoresse a Roccaraso hanno “la faccia di cazzo”.

C’è un dialetto mutuato in lingua. Senza sconti. Con lo slang accessoriato. Dentro una Regione che tra le costiere non ha bisogno del laringofono. Dante lo mischi alla strada. Eduardo alle dichiarazioni d’amore.

Pazienza, allora, se la didascalia ogni tanto piglia il sopravvento. Hai un cast che dove ti giri è una meraviglia.

Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Renato Carpentieri, Roberto De Francesco, Lino Musella, Toni Servillo. Pare una formazione di una squadra.

Loro fanno quello che sanno fare: recitare. Sontuosamente. Innescando il circolo virtuoso coi “caratteri” dei vecchi (Dora Romano, Betti Pedrazzi, Alessandro Bressanello) e dei giovani (Biagio Manna, Marlon Joubert, Sofya Gershevich).

La Fotografia di Daria D’Antonio (meno barocca rispetto al grande Luca Bigazzi), le Scenografie di Carmine Guarino e i Costumi di Mariano Tufano coadiuvano la resa d’insieme.

Filippo Scotti è oggettivamente perfetto. Ha le physique du rôle cucito addosso, la bocca aperta, l’orecchino, e lo sguardo scugnizzo da bravo guaglione. Somiglia a Timothée Chalamet, ha ragione chi lo sostiene. Si scuote appena con Ciro Capano, che interpreta Antonio Capuano.

“Non ti disunire!” Parlesia di chi ha giocato a pallone nella polvere…di Napoliça va sans dire. La usavano i “Mistèr”. Prima dell’erbetta sintetica e dei genitori che adesso accompagnano i figli all’allenamento. Anche il Regista- mentore lo ricorda. (7)

Perché la vita è un attimo. E fai la fine di Geppino Lettieri, che la partita del mondiale non può terminarla. Come una sostituzione a sorpresa.

“‘O munno è strunz: uno va a accattà ‘e ggelate e quando torna se ritrova ‘o marito a Poggioreale”. 

I tartufi dell’Algida sono come il baciamano di Zeffirelli. Magari è uno scherzo. Un’enorme invenzione che comprende i Salesiani di Via Scarlatti, la Weight Watchers, i ventilatori, il Liceo Classico, le Duracell, i pomodori estivi a modalità Bellavista, i contrabbandieri di Mario Merola, il compagno Guttuso, il Corriere dello Sport, “C’era una volta in America” fittato in VHS, i Knödel, l’abbonamento in Curva B, i giubbotti della Ellesse, l’Empoli, Arbore su Rai 2, Pizzul alla Radio, i “vete a la mierda” pigliati nella Piazzetta di Capri, la zuppa di latte e le 127 rosse targate Salerno.

Il sussiego di chi guarda questo racconto facendogli le pulci è comprensibilissimo. Quanto la profonda ingiustizia che lo ammanta.

Sorrentino sta regalando un’esperienza. “La perseveranza” dei secondi figli. Al pubblico in sala. Sulle piattaforme in streaming. A quelli che fuggono e a quelli che restano, direbbe la Ferrante. (8)

Con l’invito a scappare dalla mediocrità. Dalla miseria che la pervade.

Essere matti significa essere giovani. Liberi. Soprattutto nella testa. Le Gallerie (Toledo, Umberto) prevedono un sipario. Si entra, si esce. T’aspetta il confronto con la vita. A muso duro. Altrimenti non progredisci.

“Senza conflitto è solo sesso. E ‘o sesso nun serve a niente”.

Già. Il Maestro ti sta dicendo che non puoi masturbarti. Nelle persone. Nelle vicende, Nei ricordi. Nelle adulazioni. Henry Fonda lo sputava tra i denti a Terence Hill (via Tonino Valerii) con le stimmate di Sergio Leone. Gli ammiratori presentano il conto. (9)

Perchè non basta soffrire. Non basta il dolore. Siamo soli. E rischiamo di non essere autentici nella nostra sofferenza. Devono morire i vezzeggiativi. Le consolazioni. Le speranze. Soltanto così si cresce. “Nessuno inganna il proprio fallimento”.

Le cose da raccontare ci aspettano.

 

(1) “Le città invisibili” (1972) – Italo Calvino

(2) “Troisi è il Nume tutelare di questo film” – La Repubblica/Ilaria Urbani

(3) “E’ stata la mano di Dio” nella short list per il miglior film internazionale – Rai News

(4) “Mi manda Picone” (1983) – Nanni Loy

(5) “Non si esce vivi dagli anni ’80” (1999) – Afterhours 

(6) “Io e Lui” – Elle/Piera Detassis

(7) “Antonio Capuano: la ‘Mano di Dio’ mi fa paura”  – Il Venerdì/Concetto Vecchio

(8) “Storia di chi fugge e di chi resta” (2013) – Elena Ferrante

(9) “Il mio nome è nessuno” (1973) – Tonino Valerii

 

 

 

 

 

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