“Se non ci fosse stato qualcosa per cui combattere cosa saremmo stati io e te?
“Druk”
(di Thomas Vintenberg, Den, Neth, Swe – 2020)
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I
l finale di questa piccola (grande) storia esprime dolente tenerezza.Forse al funerale degli altri ognuno piange la propria morte.
Esistere non presuppone alcuna istruzione per l’uso. E se i simpatici Scarlet Pleasure urlano “What a life” a beneficio della soundtrack, a Montepulciano (a proposito di vino) canterebbero: “pensare che la vita è una sciocchezza aiuta a vivere”.
Perchè è “stupida, però è bellissima, essendo inutile”. (1) (2)
Thomas Vintenberg non è una sorpresa. Affatto. Il Premio Oscar al miglior film straniero ottenuto con questo lungometraggio (4° di tutti i tempi del Cinema Danese, il 1° fu “Il Pranzo di Babette”) conta. Ma fino a un certo punto. Importa che sia andato nelle mani giuste.
La dedica a Ida, figlia 19enne, scomparsa in un assurdo incidente, apre uno squarcio. Celebra l’esistenza “che perdiamo così facilmente”. (3)
Allora, la notte degli Academy regala un momento intimo, sincero. “Dogme 95” creato con Lars von Trier, in fondo, presagiva molto. La dichiarazione d’onesta intellettuale firmata in tempi poco sospetti parte davvero da lontano. (4) (5) (6)
Gli occhi tristi di Martin, invece, ci (in)seguono da vicino. “Camera a mano”, senza sconti. Languidi. Di rimpianti e lacrime.
Mads Mikkelsen sa persino imbolsirsi. Non era semplice. Diventa ordinario per somigliarci. Avvicinarsi così a Tommy, Peter e Nikolaj (il più giovane) che coi suoi quarant’anni appena compiuti spariglia l’apatia.
Certo, “un pò stronzo in jeans e maglietta” sarai stato. Prendevi pure lezioni di Danza Jazz. Rimaste dentro, a quanto pare. Adesso, però, ti sei ridotto maluccio. Parole tue.
Noioso per moglie e figli, indifferente per gli studenti. Il sommelier ti invita a chiudere gli occhi con la Vodka degli Zar e tu t’accontenti di acqua senza limone. Devi guidare.
“Non era quello che volevi!?” – “No.”
Allora bisogna affidarsi. Agli amici. E alle teorie dei “cugini” norvegesi. Conosci Finn Skårderud? Probabilmente non è esattamente come te la stanno raccontando.
Ma fa finta che con lo 0,05% di alcol nel sangue si viva meglio. A questo punto hai mica tanto da perdere?
Assaggia il caviale tedesco, bevi un calice di Échezeaux della Borgogna, e domani fallo diventare un giorno diverso.
Che cominci con la meno nobile Smirnoff nel cesso della scuola, dove insegni abbastanza sbiadito: “la spiegazione della crisi di Pasqua non e’ stata chiara per niente”.
I giorni, adesso, vanno presi necessariamente a sorsate.
Meglio Hitler astemio o “Hemingway che beve fino alle otto scrivendo capolavori”?
Alla peggio un taxi per accompagnarti a lezione si trova. Lo studio sull’uomo nato col deficit di tasso alcolemico è servito. Le porte sul naso, mal che vada, sostituiranno l’etilometro con l’emostatico.
Chi ci farà caso in un Paese dove tutti alzano il gomito?
“Dobbiamo accettare la nostra fallibilità per poter amare gli altri e la vita”. Sostiene Kierkegaard, filosofo nazionale. Che apre questo racconto attraverso sogni, amore e gioventù.
“Osare è perdere momentaneamente l’equilibrio. Non osare è perdere se stessi”. Pure Sebastian che l’anno passato è stato bocciato ora potrebbe sottoscriverlo.
Il Sazerac inventato a New Orleans, la paglia per conigli, Churchill, il merluzzo fresco, la Merkel con la pinta. Le magliette della Hummel, la corsa intorno al lago, le manette. I 4 bicchieri dei maschi contro i 7 delle femmine, i cani che non camminano e devono comunque pisciare.
E’ tutto relativo.
“Ma poi, è proprio obbligatorio essere qualcuno?”. La lezione di Mario Monicelli (con tanto di bara da portare addosso, a chiusura) e Marco Ferreri ha fatto breccia anche nel Nord dell’Europa. (7) (8)
Per questo si piange dopo aver fatto l’amore. È sete di stare al mondo. I ricordi si riparano col senso di comunità. Qui è forte. Nelle canzoni, nei gesti, nella tradizione.
“Ho pianto di dolore perché la mia bolla è scoppiata.”
Magari sul telefonino che concentra l’attenzione (non vale solo per gli alunni) un messaggio di Anika recupera l’entusiasmo sopito. La malinconia degli uomini sublima il patetico. Le donne non lo capiranno mai abbastanza.
Intanto al porto di Copenhagen è apparecchiato un “arrivederci” felliniano. Folkloristico, finanche pacchiano. Catartico e indispensabile.
“Nessun problema ha soluzione. Nessuno di noi scioglie il nodo gordiano: tutti noi desistiamo o lo tagliamo.
Risolviamo bruscamente, col sentimento, i problemi dell’intelligenza, e lo facciamo per stanchezza di pensare, per paura di trarre conclusioni, per la necessità assurda di trovare un sostegno, o per l’impulso gregario di ritornare agli altri e a alla vita”. (9)
Pessoa (via Soares) ce l’ha spiegato.
È il “tasso” di inquietudine ad appartenerci. Conviverci o meno?
L’alternativa è impazzire. Per sempre.
(1) “What a life” (2019) – Scarlet Pleasure
(2) “La vita” (2017) – Baustelle
(3) “Il film Oscar Un altro giro è #soloinsala” – Amica/Antonella Catena
(5) “Un altro giro in onore della mia Ilda” – Vanity Fair/Andrea Giordano
(6) “Dogme 95” – Treccani/Bruno Fornara
(7) Amici miei (1975) – Mario Monicelli
(8) La grande abbuffata (1973) – Marco Ferreri
(9) “Il libro dell’inquietudine” (1986) – Fernando Pessoa