Il diritto di vivere il presente

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“Io non volevo solo partecipare alla feste, volevo avere il potere di farle fallire.

 

S

e prendessimo sul serio l’incipit del Film Premio Oscar “La grande bellezza” il concetto di partecipazione assumerebbe un connotato abbastanza perverso. (1)

Anche il Cinema, ha i suoi bisogni, le proprie necessità. E senza un pubblico rischia di diventare una bella cartolina mai spedita. Di fallire, per l’appunto. Perdendo il significato originario.
Gaber, l’inventore del “Teatro Canzone”, ha raccontato il diritto di vivere il presente. Suggerendo col brano più popolare della sua produzione che per essere liberi serve prendere parte. “La libertà non è uno spazio libero: è partecipazione”. (2) (3)

Allora viene da chiedersi: esiste un modo di partecipare attivamente attraverso la Settima Arte? Probabilmente si.

Uno spettatore può contribuire persino con una sorta di personale “deontologia”. A patto che affini gusto, competenza, curiosità. La leggerezza di Calvino applicata alla quotidianità, insomma. Che allude alla possibilità di “planare sulle cose dall’alto”(4)

Col tempo saranno l’insulso, il raffazzonato, lo sciatto, a risultare pesanti.

Privilegiare le scelte confrontandosi, invece, innesca un’esigenza collettiva. “I film sono più armoniosi della vita” sosteneva Truffaut. E l’esistenza per questo va coccolata. Pure nelle pieghe. (5)

Lo streaming, la fruizione più disparata di Lungometraggi, Documentari e Serie TV non toglie nulla alle Sale. La pigrizia esisteva/esisterà prima/dopo di noi. I ristoranti non chiuderanno. Abbiamo appena imparato a cucinare qualcosa di buono a casa nostra.

I Festival, le Rassegne, i Cineforum, le Associazioni possono instillare una passione che ha bisogno solo di sincera condivisione.

Tra “Attori e Spettatori”. Altrimenti siamo nell’ambito delle feste private. Buone a masturbare l’ego di chi le organizza.

Non è casuale che molti Presidenti somiglino al personaggio interpretato da Amedeo Nazzari ne “Il gaucho”. L’emigrante facoltoso che assillava gli artisti in arrivo all’aeroporto di Buenos Aires. Respirare di contrabbando qualche briciola di popolarità può valere qualsiasi prezzo. (6)

A proposito di collettività sparse, forse, va ricordato uno dei primi esordi che videro la collaborazione di grandi Registi negli anni ’50“L’amore in città”, per esempio, constava di sei episodi ideati da Cesare Zavattini e girati da Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Dino Risi, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani e Citto Maselli.

Aprirono la strada a cult dei decenni successivi quali “I mostri”, “I complessi”, “Boccaccio ’70” e Ro.Go.Pa.G.”. Senza l’ambizione di diventare Manifesto, sulla stregua della Nouvelle Vague.

Anzi. Lo storico Sceneggiatore di Vittorio De Sica consigliava di “scendere in strada”. Chi voleva scrivere avrebbe trovato lì la dimensione giusta. Un assunto volto alla gente, dunque.

Ripreso e mediato negli anni ’70 da un Autore importante, Elio Petri.
La sua poetica, realizzata dentro a una filmografia breve e intensa, c’ha lasciato una consapevolezza assoluta.

“Non credo si possa fare una rivoluzione col cinema. Credo in un processo dialettico che debba cominciare tra le grandi masse, attraverso i film e ogni altro mezzo possibile.

Perchè il Cinema non è per un’èlite, ma per le masse. Parlare a un’èlite di intellettuali e come non parlare a nessuno”. (7)

 

(1) “La grande bellezza” (2013) – Paolo Sorrentino

(2) “L’illogica allegria” (1980) – Giorgio Gaber 

(3) “La libertà” (1073) – Giorgio Gaber

(4) “Lezioni americane” (1988) – Italo Calvino

(5) “Effetto notte” (1973) – François Truffaut

(6) “Il gaucho” (1964) – Dino Risi

(7) “Elio Petri. Appunti su un autore” (2005) – Federico Bacci, Nicola Guarneri, Stefano Leone

 

📸 Cesare Zavattini by Paolo Monti – Fondazione BEIC / Fondo Paolo Monti, Civico Archivio Fotografico di Milano (1975) 

 

 

 

 

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