«Tu ignori dove vado, io dove sei sparita; so che t’avrei amata, e so che tu lo sai.»
P
er fare due chiacchiere con Miriam Candurro devi metterti in gioco. Chi legge questo articolo è avvisato.L’incipit di Baudelaire, ad esempio. (1) Lo trovi in esergo a “La settima stanza”. Il libro d’esordio dell’Attrice napoletana, edito da Sperling & Kupfer. È un romanzo. Non te l’aspett(erest)i uguale. Invece ha persino un protagonista maschio.
Come nasce questa storia? –
«Parla di un ritorno. È un racconto a due voci che avevo in testa da tantissimo tempo. Mi chiedevo: come bloccare un uomo in un posto dove non vuole stare? Il lockdown m’ha dato la risposta. E, poi, mi ronzava una domanda di quelle che una volta nella vita ognuno si fa: “Chissà cosa sarebbe successo quel giorno se avessi fatto questo?”.»
Il viaggio, l’albergo di sette stanze, i sassi, il mare. Gli scherzi del Destino vanno a comporre il resto che verrà.
È una seconda possibilità che stai offrendo ai tuoi lettori? – «Sono molto legata al concetto di seconde possibilità. Ma non con fare nostalgico. Mi diverte proprio il giochino. Restano le più affascinanti perché non le abbiamo vissute. Rimangono pensieri. Anna ci vive dentro da vent’anni. Giovanni invece li fugge».
Pausa. La “scherzo” un pò. Confidenze che si pigliano gli amici. L’ho conosciuta in una Libreria sotto casa sua. Nella parte collinare del capoluogo partenopeo. Tempo dopo le ho detto che pareva “disegnata” in quella “comfort zone”. Con uno sguardo furbo m’ha risposto che avverte comunque l’appartenenza al Rione storico dal quale proviene. Il quartiere antico (e verace) situato sopra San Lorenzo e sotto la Vicarìa.
«Io amo Napoli in tutte le sue sfaccettature. Sono nata nel Vasto, fonte di ispirazione continua grazie alla sua umanità varia. E, poi, mi sono spostata per motivi familiari al Vomero. Forse meno “autentico”, ma piu “comodo”. Certo, Napoli è bella sempre. Non sarei nemmeno un’Attrice senza: è la discriminante del mio lavoro, della mia stessa vita.»
Per deformazione professionale le rammento di tenerla presente giovanissima esordiente. Premiata col “Domenico Rea”. Dentro (a) un Film vincitore di tre David di Donatello. Ha cominciato facendo innamorare un ragazzino e ha “continuato” qualche anno appresso con lo stesso leitmotiv, per l’amico Edoardo De Angelis. (2) (3)
Sorpresa dalla constatazione, non c’aveva mai riflettuto. Dice. Mentre ripensa al ruolo di “Myriam” rievoca la telefonata del Regista originario di Portici.
«Avevo fatto il provino per “Perez”. Lui mi chiama dicendomi che per ragioni anagrafiche non è andato a buon fine. M’aveva accennato pure a un progetto sulle “Neomelodiche”. Mondo che lo affascinava. Così, mi chiede: “Ti andrebbe di fare un provino per la “Neomelodica”?”. Io scoppio a ridere. “Edo, stai scherzando?”. Sapevo che cercava una Cantante di “genere” vera. Nel pomeriggio, allora, passa a casa e mi porta un demo di “Magnifico shock”. “Devo cantare questa canzone?”, chiedo. “Si, al provino vestiti da Neomelodica”. Quando mi sono presentata non smetteva di ridere.»
Continuo l’intervista. Serie tv, Fiction, Film. Le domando se avverte i cambiamenti del “mestiere”. Al solito ha le idee molto chiare: «Apparentemente sembra sempre il medesimo lavoro. Persino i social hanno un ruolo importante da considerare.
Sarebbe stupido nasconderlo. Preferisco i tempi lunghi(ssimi) del Cinema. Puoi andare nel dettaglio grazie alla preparazione concessa. L’opportunità di dare al personaggio quelle piccole caratteristiche che lo renderanno speciale. La serialità, invece, è una corsa. Ti fa perdere per strada particolari che fanno la differenza.»
Meglio di lei chi altri potrebbe? È tra le “Star” di “Un posto al sole”. La prima soap opera interamente prodotta in Italia, nonché la più longeva. Wikipedia non ammette smentite. Interpreta Serena Cirillo. Un ruolo che le ha fatto “uscire” un’inedita vis comica (io la reputavo già una ragazza spassosa). Sottolinea che «inizio ad avere ragione». C’avevo visto lungo. «Si sta divertendo nello sviluppo del personaggio che le regala tanto. Soprattutto in termini di crescita. Con Michelangelo Tommaso, il partner di scena, s’è creata un’empatia spontanea. Un sincero scambio emotivo. È una persona bella, professionalmente generosa.»
Dalla soap alla fiction. Ricordo il ruolo di “Giorgia” ne “I Bastardi di Pizzofalcone”. Teoricamente secondario, però di altissimo profilo sociale. «È stata una bellissima sorpresa. Appena andate in onda le puntate m’hanno sommerso di chiamate che non immaginavo assolutamente. Tante giornaliste si sono aperte con me. Hanno apprezzato il riscatto di una donna all’interno di un narrato riconoscibile ma nient’affatto scontato. Ho avuto la conferma che i soprusi, le prevaricazioni familiari, sono assolutamente trasversali. Toccano tutti i ceti.»
Il riferimento alla famiglia è forte, dunque. Tira in ballo quella vera, splendida, che ha. Due bambini meravigliosi e un marito speciale. Penso a Bergman. In un capolavoro sosteneva che “Fare tante esperienze in comune non solo cambia i pensieri, ma anche i volti, che a lungo andare finiscono per avere la stessa espressione”. (4)
Aggiunge: «Mauro è l’altra parte di Miriam. E viceversa. Siamo cresciuti assieme. Senza non avrei questo carattere, questo atteggiamento. Abbiamo perso di vista i nostri confini. Ci sentiamo forti perchè affrontiamo il mondo in due. Siamo diventati un’entità. Direbbe lo Scrittore Massimiliano Virgilio.»
Chiudo il piacevole rendez-vous rubando l’ultimo pezzetto di conversazione: ci sta una tenda da sistemare a casa, nel (raro) tempo libero. So che avresti scritto comunque. Anche se non avessi fatto altro. Una volta me l’hai detto al telefono. Considerato però che il talento non pone limiti, tra un set e l’altro hai pensato al prossimo racconto?
– «È un’ossessione. Tipica di chi ama scrivere. Ho iniziato un’altra avventura ma non so cosa accadrà. Qui ero “partita” da Parigi e son “finita” in Puglia. Prevedo sicuramente una storia tutta al femminile, stavolta. Legata all’adolescenza. Un momento della nostra esistenza “puro”. Abbiamo reazioni non inquinate dal mondo. Provengono dalla nostra essenza, Positiva o negativa che sia. Mi affascina.»
Ci salutiamo ridendo. Non è una novità. “Agli incontri, alle coincidenze, alle cose che succedono”. Nella dedica sento oltremodo la lusinga: mi vuole bene. È reciproco. In fondo faccio parte del pubblico che affettuosamente la segue. Le amicizie possono stupire. A ogni età.
Rientro e recupero l’auto, divertito. Rimugino, parafrasando una che sicuro le piace:
“Cera una spiga che era cresciuta in un bosco. – E com’è successo? – mi chiedeva mio nonno. – Non ne ho idea. La storia finiva lì. A mio nonno stava bene. A me pure.” (5)
(1) “A une passante” – Charles Baudelaire / Feltrinelli Magazine
(2) “Certi bambini” (2004) di Andrea e Antonio Frazzi
(3) “Vieni a vivere a Napoli” (2016) di Guido Lombardi, Francesco Prisco, Edoardo De Angelis
(4) “L’ora del lupo” (1968) Ingmar Bergman
(5) “Niente di vero” – Veronica Raimo (Einaudi, 2022)