«Non l’hai fatto tu, ti ha fatto lui!»
F
rancis Ford Coppola nella prefazione de “Il Padrino” lo chiarisce subito: è stato Mario “a farlo”. Con un romanzo che gli ha letteralmente cambiato la vita. Dice. Sottolineandolo proprio. (1)Ad esempio, quando Clemenza spiega a Michael come cucinare, il Regista aveva semplicemente scritto: «fai dorare la salsiccia e poi ci metti i pomodori». Ma lo Scrittore “aggiustò” subito con: «I gangster non fanno dorare, i gangster friggono!»
Mario Puzo, dunque. Cresciuto a Hell’s Kitcken, tra la 34ª e la 59ª strada. Manhattan, New York. Settimo di otto figli da una coppia immigrata, originaria di Dentecane. Se vi piace il torrone pare la chiamino la “Cremona del Sud”. Ben cinque aziende lo producono ad altissimo livello. È la frazione più grande del Comune di Pietradefusi. Provincia di Avellino. Situata su un pendio importante, ha un piccolo torrente che funge da confine naturale. E la delimita da Sant’Elena Irpina.
In questa Terra allo sceneggiatore cha ha vinto l’Oscar hanno dedicato persino una manifestazione ad hoc. Unica nel suo genere. Con tanto di riconoscimento dedicato. Non è affatto una rassegna di facciata. Anzi. L’anno scorso l’omaggio è andato a Ken Loach. Per intenderci. Si chiama “Mario Puzo Festival – Corto e a capo”. Dura da nove anni. L’intento è “portare il cinema dove il cinema solitamente non è di casa”. Il motto sul sito ufficiale è perentorio.
Umberto Rinaldi è il Direttore Artistico. «La scelta di Puzo è stata ponderata. C’ha colpito il fatto che tra i figli dell’Irpinia, rispetto a Leone e a Scola, lui non fosse quasi considerato dalla gente, dagli stessi media. Inoltre, oggi leggiamo Dentecane su Wikipedia e portali analoghi di riferimento. Però, a essere precisi, lui nasce sul Passo di Venticano che soltanto dal Dopoguerra viene ufficializzato geograficamente. Anche per questo facciamo qui il Festival.»
C’è orgoglio e sostanza nelle parole che ascolto. Del resto pure l’Edizione che sta per arrivare a fine mese (dal 22 al 27 Agosto) vedrà il Premio onorare un altro grande Cineasta, Pupi Avati, che continuerà la tradizione. La Masterclass tenuta da Laura Morante chiuderà il cerchio, corroborando la “mission” fatta di prestigio e buoni propositi. In fondo come lo spieghi alle nuove generazioni uno che ha scritto best seller e soggetti interpretati da Marlon Brando, Robert De Niro e Al Pacino? Per non parlare di Richard Gere e Christopher Lambert.
Fino a “Superman”. Diretto da Richard Donner. Antesignano di tutto il“Marvel Cinematic Universe”che sarebbe venuto dopo. Forse, solo così. Lo racconti filtrandolo con la vita vera. Perchè persino le battute “messe in bocca” a Don Vito Corleone sono della mamma di Mario. Già. Pare che lei sentenziasse con frasi del tipo: «Ci faccio un’offerta che lui non può rifiutare». L’avete sentita da qualche altra parte?
In un articolo a firma di Enrico Deaglio viene ricordato un “modesto giornalista, aspirante scrittore”. Dai grossi debiti di gioco con le bische di Cosa Nostra. Pigro e senza alcuna voglia di finire con le gambe spezzate. La Paramount del mitico e controverso Bob Evans lo ricevette per fare un piacere a un amico, tramite un manoscritto di cinquanta cartelle. Dentro l’inizio di un plot cinematografico. Titolo provvisorio: “Mafia”. (2)
Adesso vai a capire il confine tra il cult e le infinite/infinitesimali disperazioni dell’esistenza. Le serie tv recenti quali “The offer” possono riportarci la eco. Magari pure la dimensione epica di un’epoca. (3) (4) Le sensazioni e i frammenti del vissuto personale, invece, si amplificano col passare del tempo. Somigliano alle fotografie. Lontane e presenti contemporaneamente. Diventano iconiche coi giorni che si susseguono. Non possiamo attribuire loro una connotazione troppo realistica, terrena. Deve prevalere la leggenda.
A futura memoria capiremo il motivo di quanto certi meccanismi ci appartengano, entrino sotto pelle. Beffandosi di logiche, buon senso e distinguo da opposizione politica. Il lessico familiare della “Famiglia”, intanto. Permea qualsiasi classe sociale attraverso lo “slang”, le posture, gli atteggiamenti. Le influenze, poi. Da “I Soprano” (di Ariano Irpino, guarda caso) creati da David Chase, che sotto sotto si chiama(va) De Cesare. A “Gomorra” di Roberto Saviano. L’immaginario di ciascuno spettatore finisce per essere ammantato. Altrimenti non avremmo avuto saghe e romanzi. Soltanto indagini da “crime tv” sciapite. L’archetipo, certo, consente imitazioni e sequel. Senza però essere mai messo in discussione.
Scorsese, ironicamente, predisse salomonico: «Quando si è stati allevati a Little Italy, che cosa diventare, se non gangster o prete? Ora, io non potevo essere né uno né l’altro». (5)
Allora, le origini italiane (e avellinesi) rendono e prendono. Sedimentando sentimento sincero e pruderie spaccona. Il padre del Trascendentalismo filosoficamente, ça va sans dire, chioserebbe: «A rigore, non esiste la storia. Solo la biografia». (6)
- Questo articolo è stato pubblicato sul Quotidiano “Il Mattino” per la Rubrica “C’era una volta in Irpinia” (17 Agosto 2023)
(1) “Il Padrino” (“The Godfather”, 1969) – Mario Puzo
(3) “The Offer” (2022) – Michael Tolkin
(4) “Robert Evans, il farabutto che ha reso grande il cinema degli anni 70” (Esquire 13/02/2023) – Gabriele Niola
(5) “Martin Scorsese” (L’Unità/Il Castoro, 1995 – “Entretien avec M. S.” di Michel Ciment, Positif n. 170, 1975) – Gian Carlo Bertolina
(6) “L’umanesimo americano di Ralph Waldo Emerson” (Avvenire 07/09/2018) – Alfonso Berardinelli
