Irpinia Film Commission – Intervista a Roberto Flammia

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“What’s Irpinia?”

A

l Festival di Cannes pare fosse questa la domanda rivolta, qualche tempo fa, a chi presentava l’ambizioso progetto che prevedeva la gestione di location, produzione, piattaforme, attrezzature, nella Regione piu verde della Campania. Dopo quasi sette anni la “scommessa” non solo è stata vinta, si è consolidata. Andando persino ad affiancare la Film Commission della Regione d’appartenenza.

Roberto Flammia, giovane Cineasta irpino ne è il Direttore. Rappresenta l’ideale sintesi tra tradizione e rinnovamento. Intanto perchè è innamorato sinceramente della propria Terra. Poi, della sua passione: il Cinema. Che comprende il “mestiere” tutto. Dalla Regia fino al montaggio.

Cos’è l’Irpinia Film Commission? «Un’associazione. Promuoviamo il territorio, provando a bypassare (col dovuto rispetto del caso) le egemonie del Napolicentrismo. Facendo crescere così un movimento attraverso risorse professionali e tecniche del nostro luogo d’appartenenza. Valorizziamo il patrimonio artistico, ambientale, la memoria storica, le tradizioni comunitarie. Attraendo l’estero e le altre regioni italiane. A tutti i livelli. Avellino rappresenta un’eccellenza. La Provincia che la avvolge è davvero unica. Ci sono 70 castelli. Più della Loira, per intenderci.»

Come è cominciata? «Con un Cortometraggio intitolato “Krineide”. Racconta il ruolo della donna nelle aree interne. Lo fa con un escamotage su un futuro dispotico»E in effetti a guardarlo, quest’esordio interpretato da Roberta Astuti e Lucio Allocca, mette a pensare. Un po’ come “De Mita, l’animale politico”. Un gioiellino. Parte con l’Onorevole di Nusco che racconta la “sparizione” dell’amico in 3a Elementare dovuta a sette pecore. E finisce con la definizione del tempo. «Che in Politica non è quello aziendale”». (1) (2) 

È stato proiettato nelle settimane scorse alla Camera dei Deputati. A Montecitorio. «Ci presentammo a casa sua io e Carmine Caracciolo. Esordimmo candidamente: “Presidente vorremmo fare un film sulla sua vita.” – E lui rispose: “è impossibile perchè ci vuole una vita!”». Tu hai una storia recente ma già importante. «Si, a parte gli studi universitari “canonici “al Suor Orsola Benincasa, è stato fondamentale il percorso alla “Pigrecoemme” di Rosario Gallone. Con Maestri quali Stefano Incerti, Giacomo Fabbrocino, Lorenzo Peluso».

Arriviamo a “Il perdono”. L’ultima opera diretta. Che personalmente ho visto assieme al protagonista Alessio Boni, all’Ischia FF.

«Alessio è un artista meraviglioso. Parla la filmografia. Anzi, ne basta appena uno stralcio. Nella fattispecie lo avevo scorto nella serie tv “La compagnia del cigno”. È stata una naturale associazione. Ha accettato subito il ruolo. La Pala d’altare di Giovanni Balducci nel Convento dei Cappuccini con la Chiesa di Santa Maria delle Grazie c’ha messo d’accordo». (3)

Gesualdo è la tua città. Borgo rinomatissimo. «La storia sta nel nome. La liaison tra la moglie Maria d’Avalos e il Duca d’Andria Fabrizio Carafa sul finire del 1500 ha reso la narrazione melodrammatica. Inevitabilmente tragica. Eppure Parliamo di Carlo Gesualdo, un grandissimo Compositore. Madrigalista. Amico di Torquato Tasso che veniva fin qui a trovarlo. Rievocare la dimensione giusta, senza ammiccamenti da romanzo d’appendice, mi è sembrato doveroso».

Progetti per il futuro? «Sto lavorando a un hub che metta insieme le maestranze del territorio produttivo e post produttivo. In modo da attrarre flussi nella Provincia. Unita all’idea di un Festival particolare. Che privilegi la settima arte, la musica, le connotazioni territoriali nuove e antiche. Ettore Scola e Sergio Leone, del resto, qui sono imprescindibili. Infine, ho un lungometraggio in cantiere. Non vado di fretta. Conta realizzare i programmi sotto l’aspetto qualitativo.»

La chiacchierata volge al termine. Chiuderla, allora, con un paio di domande “a braccio” lascia lo spazio alle ultime curiosità. Che titolo porteresti sulla famigerata isola? «Una pura formalità di Giuseppe Tornatore. Rappresenta l’autore che apprezzo maggiormente. Per lo stile. Fuori e dentro il set». Invece, c’è un attore che ti piacerebbe dirigere? «Sicuramente un donna: Irene Maiorino. O Toni Servillo. Nemmeno c’entra la popolarità. Lo apprezzo dai tempi de L’uomo in più».

Ci salutiamo con un abbraccio. La sensazione in prospettiva è tattile: il pubblico lo scoprirà oltremodo. Un giornalista straniero sosteneva che “girare il mondo significa passare da una provincia all’altra, ognuna è una solitaria stella”. Roberto racchiude definizione e assunto. (4)

 

 

  • Questo articolo è stato pubblicato sul Quotidiano “Il Mattino” per la Rubrica “C’era una volta in Irpinia” (24 Agosto 2023)

(1) “Krineide” (2015) – Roberto Flammia

(2) “De Mita l’animale politico” (2018) – Roberto Flammia

(3) “Il perdono” (2023) – Roberto Flammia

(4) “Ebano” (Feltrinelli, 1998) – Ryszard Kapuściński

📸
– Luca Daniele
– Eugenia Del Prete

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